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  /  12 mesi alla scoperta dell'Umbria   /  Umbria, terra di mani sapienti

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Umbria, terra di mani sapienti

La ceramica in Umbria

L’immagine della nostra regione è legata ai suoi verdi paesaggi, alle cittadine arroccate e grifagne, alla dolcezza delle tele dei pittori rinascimentali, al cibo e al vino robusti e genuini. Ci si scorda spesso così di un altro aspetto importante: la produzione e la realizzazione fin da tempi antichissimi di oggetti d’uso di grande bellezza, come le ceramiche, le tele, i vetri umbri.

La ceramica in Umbria può vantare una tradizione antichissima. Per secoli in questo territorio si sono prodotte ottime terrecotte e maioliche, che nel tempo hanno raggiunto livelli artistici importanti. Ciò è dovuto principalmente alla morfologia del territorio, ricco di acque e di boschi che hanno fornito nei secoli terre argillose, adatte ad essere lavorate, e legna abbondante per alimentare le fornaci. Pertanto, fin all’epoca etrusca si sono prodotti manufatti di cui sono ricchi musei e raccolte cittadine, come il famoso ‘bucchero’: una ceramica nera e lucida, prodotta dagli Etruschi per realizzare vasi. In alcune botteghe artigiane di Gubbio e Orvieto si produce ancora questo antico materiale ceramico secondo la tecnica tradizionale, ed è possibile acquistare i preziosi oggetti e vasi di colore nero.

La tradizione ceramica più famosa del territorio è legata a Deruta, cittadina umbra a circa una ventina di chilometri dalla Locanda Stella, che per la sua posizione geografica favorevole ha sviluppato una vocazione agli scambi commerciali che ha contribuito certamente allo sviluppo dell’attività dei vasai. Da alcuni ritrovamenti sappiamo che la ceramica a Deruta era lavorata fin dall’età romana, mentre la più antica testimonianza scritta risale al 1290. La produzione delle maioliche derutesi è una delle più importanti d’Italia. Forme ricorrenti, colori vivaci e motivi decorativi tradizionali (grottesche, stemmi nobiliari, ritratti, scene mitologiche, etc.) caratterizzano gli oggetti prodotti in questa città d’arte.


Per saperne di più, si può visitare l’interessantissimo Museo regionale della Ceramica di Deruta, il più antico in Italia dedicato a questa produzione: vi si conservano più di 6000 reperti ed è ospitato nell’antico complesso medievale di San Francesco.

Foto credits: Museo della Ceramica di Perugia

Per informazioni: https://www.museoceramicadideruta.it


Un altro luogo per comprendere la valenza di questa tradizione in Umbria è il santuario della Madonna dei Bagni, lungo la Statale tra Deruta e Todi. Fondato nel XVII secolo, in seguito a un miracolo legato ad una immagine sacra dipinta su ceramica, appunto, ha la peculiarità di avere le pareti letteralmente ricoperte da formelle votive in ceramica derutese. I manufatti coprono un arco di tempo di 350 anni: un vero e proprio scrigno d’arte e devozione popolare, in cui sono ricostruite vicende sociali e culturali della popolazione locale.

Foto credits: http://percorsi.diocesi.perugia.it/

Per informazioni: https://www.madonnadelbagno.it/

Si possono ammirare ed acquistare le ceramiche derutesi anche a Perugia, nelle numerose botteghe artistiche della città. Inoltre, ogni sabato mattina, dalle 8:00 alle 14:00, in piazza Danti si tiene il tradizionale ‘mercato dei cocciari’.

Altro luogo in Umbria che testimonia la diffusione e la preziosità della tecnica ceramica in Umbria è la bellissima cittadina medievale di Gubbio. Qui tale produzione è nota  in dal XIII secolo; la sua fama è legata al grande ceramista Giorgio Andreoli, detto ‘mastro Giorgio’, che nel 1489 giunse nella cittadina umbra dal Lago maggiore: a lui è legata la tradizione di quella particolare tecnica chiamata ‘lustro’. A contendersi con Gubbio l’invenzione di questa tecnica è Gualdo Tadino; a testimonianza di ciò è la sezione ceramica dedicata alla produzione gualdese all’interno della Rocca Flea, una fortezza alto-medievale ricostruita da Federico II.

Foto credits: italia.it

Per informazioni: http://www.roccaflea.com

Non solo ceramiche: altra produzione pregiata che riguarda nello specifico proprio la città di Perugia sono le cosiddette ‘tovaglie perugine’. Si tratta di stoffe bianche tessute al telaio, con fondo a ‘spina di pesce’ o a ‘occhio di pernice’, e motivi decorativi a fasce colorate di colore blu, molto raramente anche in colore ruggine. I ‘pannili alla peroscina’ venivano utilizzati in età medievale per ornare gli altari delle chiese (tali li vediamo, infatti, in molti affreschi e tavole di famosi artisti dell’epoca). Nel Rinascimento si diffuse il loro uso domestico, soprattutto come asciugamani e tovaglie, ma solo tra le famiglie più nobili e ricche,  per cui costituivano quasi uno status symbol. Per le nobili spose erano parte integrante dei corredi di nozze: si pensi, per esempio, che persino nell’inventario della dote di Caterina De Medici, andata sposa al re di Francia Enrico II figurano i ‘pannili alla peroscina’.

È possibile ritrovare  questa pregiata  produzione tessile non solo a Perugia, ma in tutto il centro Italia e persino in Trentino, in Friuli, in Sicilia, e addirittura in Nord Europa. Il colore blu per la tintura era ottenuto dal guado, pianta di origine antichissima, che veniva coltivata in Valtiberina. I motivi decorativi tipici di questa arte sono elementi significativi dell’iconografia cittadina: grifi, o altri tratti dalla decorazione scultorea della fontana maggiore, o ancora motivi zoomorfi, vegetali o frasi benauguranti. Presso la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia si trova una sezione dedicata alle tovaglie perugine, dove sono esposte stoffe che risalgono addirittura al XIV e XV secolo.

Nel Cinquecento il settore tessile venne investito da una crisi generale, ma in ambito casalingo la tradizione venne perpetuata fino agli inizi del Novecento, fino a quando, cioè, le stoffe vennero tessute a mano sui telai.

A Perugia esiste un luogo davvero magico dove potere ammirare le tovaglie perugine. Si trova presso un’antica chiesa medievale non più in uso, San Francesco delle donne, che ospita oggi il Museo Laboratorio ‘Giuditta Brozzetti’. Giuditta Brozzetti era la direttrice delle scuole elementari del Comune di Perugia; durante la prima guerra mondiale fu incaricata di ispezionare tutte le scuole del territorio. Nel corso di queste ispezioni, condotte in calesse, fu incuriosita dal suono ritmico proveniente da molte case contadine, e scoprì come le donne del contado avessero perpetuato l’antica tradizione tessile. Terminato il primo conflitto bellico, Giuditta lasciò l’incarico presso le scuole elementari, si iscrisse all’albo degli artigiani e fondò un laboratorio di tessitura a mano, recuperando motivi e disegni tradizionali dell’antica arte umbra. Era il 1921. Per essere impiegate presso il laboratorio Brozzetti erano necessari due requisiti: essere donne e avere un libretto postale a proprio nome, dove versare i compensi senza paura che venissero utilizzati da padri, fratelli o mariti della lavorante. La passione di Giuditta si è tramandata di madre in figlia, ed oggi il Laboratorio, con i suoi telai originali del Sette e Ottocento, è passato a Marta, sua energica pronipote. Dal 2004, oltre ad essere uno degli ultimi atelier di tessitura a mano in Italia, è parte del sistema museale regionale. Si possono dunque seguire visite guidate su prenotazione, della durata di circa un’ora, che rappresentano un emozionante viaggio nel tempo alla scoperta della tradizione tessile e della cultura umbra.

Foto credits: https://www.brozzetti.com/


Un altro vero e proprio luogo di magie in città è lo Studio Moretti Caselli. Nel 1860 il pittore e maestro vetriere Francesco Moretti, in collaborazione con il nipote Ludovico Caselli, fondò un atelier per la produzione di vetrate artistiche ed il restauro di vetri antichi. Dal 1895 la sede del laboratorio fu un prestigioso edificio del Quattrocento, già appartenuto ai Baglioni, signori della città di Perugia,  e dal 1575 divenuto Collegio Bartolino della Sapienza. L’eredità artistica dei fondatori si è trasmesso per linea femminile, dapprima a Rosa e Cecilia Caselli, figlie di Ludovico, poi alla loro pronipote Anna Matilde Falsettini, ed infine alla figlia di questa, Maddalena Forenza. Aprire le porte dello Studio Moretti Caselli è un autentico viaggio nel tempo. L’edificio ha mantenuto infatti il suo volto antico. Al suo interno si possono vedere i colori, i bozzetti, i cartoni delle vetrate eseguite nel tempo, e ancora strumenti musicali, armi, ricordi, utensili e strumenti. Infine, veri e propri capolavori vetrai, come il bellissimo ritratto  della regina Margherita di Savoia eseguito da Francesco

Foto Credits: https://www.studiomoretticaselli.it

Info: https://www.studiomoretticaselli.it


Del resto, la tradizione vetraia non è nuova a questo territorio: in Umbria vennero realizzate magnifiche vetrate gotiche, tra cui quelle di San Domenico a Perugia, che con quelle del duomo di Milano condividono il primato di maggiori di Italia (24 metri di altezza). A Piegaro, infine, un delizioso borgo umbro, esiste una tradizione di lavorazione del vetro testimoniata dal XIII secolo e fino agli anni 50 del Novecento. A testimonianza di ciò è l’interessante Museo del vetro, che oltre a strumenti e reperti dell’arte vetraia, offre la possibilità di cimentarsi in laboratori e attività per ogni età.

Info: https://www.museodelvetropiegaro.it/

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